Golfo, secondo i veneziani. Intimo, per lo scrittore Pedrag Matvejevic. Corto, senza dubbio, con quelle sponde così strette. L’Adriatico, per com’è fatto, dovrebbe favorire interscambi eccezionali tra i suoi popoli.

Non è così. Malgrado il racconto romantico ne faccia una colla liquida che tiene assieme e uniforma le diversità, le traiettorie dello sviluppo, da costa a costa e lungo ognuna di esse, tendono a creare distanza. Il Nordest italiano è evidentemente più ricco del Salento, che a sua volta è più sviluppato dell’Albania, il Paese rivierasco meno progredito in assoluto. E al di là dell’economia, a sfavorire l’amalgama contribuiscono sedimenti di storia, cultura e memorie tra loro diversi, se non in conflitto.

Non esiste, allora, una koinè adriatica: al massimo è un’idea consolatoria. Eppure, esplorandone le coste, emerge qualcosa di impalpabile e silenzioso, non rigorosamente definibile, che in fin dei conti centrifuga tutto, permettendo ai popoli che vi si affacciano di potersi riconoscere, beninteso, ciascuno a modo suo, nel “mare corto”.  E questo può voler dire poco, o forse spiegare tutto. È da qui in ogni caso che ha preso il via questo progetto, nel settembre del 2015. Stiamo percorrendo le coste dell’Adriatico, da ambo i lati del mare. Per ora raccontiamo le nostre impressioni qui, con note di viaggio e immagini, in attesa che questa storia assuma una sua forma finale, più compiuta.

Il progetto ha un proprio portale, dove sono visualizzabili tutte le tappe del viaggio, ed è anche su Facebook e Instagram.

 

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L’intervista di presentazione del progetto a cura di Davide Sighele di Osservatorio Balcani e Caucaso

Istria, l’Adriatico tranquillo. Un workshop fotografico dal 14 al 17 luglio 2016

Da un arsenale ai super yacht

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