Ci si riferisce spesso a Savamala come alla “Città invisibile”. Forse per via del fatto che la sua bellezza non si può cogliere attraverso un’occhiata distratta, richiede tempo. Forse perchè per attraversarla è necessario zigzagare tra camion o attraversare linee ferroviarie. Una volta superata questa barriera, una nuova Savamala si rivela agli occhi del visitatore. Quella dei fragori turchi provenienti dal negozio di caramelle “Bosiljčić”; le risa e la musica jazz che fuoriescono da giardini occulti; i colori che riempiono le sue strade e muri, opera dei numerosi street artist che in questi ultimi anni hanno eletto Savamala a proprio spazio espositivo. Quei muri che ancora ricordano la liberazione di Belgrado dall’impero ottomano. Ancora, i numerosi club alternativi che si popolano il sabato sera, come il “Mladost” (gioventù) o il “Ludost” (pazzia)… è un’altra Savamala, romantica e moderna allo stesso tempo, meritevole di essere scandagliata.

Savamala riposa all’ombra del Brankov Most (il “ponte di Branko”) e si dipana lungo la riva destra del fiume Sava, protetta da vecchi palazzi. Questo fiume, che nel corso del tempo ha bagnato le vie di Savamala, diede il nome al quartiere. Il suffisso “mala” deriva dalla parola turca mahala – il quartiere residenziale delle città ottomane -abbreviato poi in mala. Nessuno conosce con esattezza i confini del quartiere. Un tempo probabilmente si distendeva sino a piazza Slavija. L’anno scorso, alcuni architetti tedeschi in collaborazione con Goethe-Guerilla hanno chiesto agli abitanti di Savamala di segnare i confini su una mappa: ognuno di loro ha tracciato linee differenti, guidato dalla propria percezione dello spazio geografico. Comunque nessuno ha omesso le tre pietre angolari di Savamala: il Brankov most, via Karađorđevae via Gavrilo Princip.


Vista di Savamala dal Brankov Most. Foto © Dragana Barjaktarević

Il Brankov most

Durante il giorno oscilla nel traffico, di notte ondeggia sinuosa sulle note della musica che scorre dal “Brankow”, un club situato ai piedi del ponte. Nè gli assonnati passanti, nè tantomeno i sonnambuli frequentatori del club hanno la più remota idea della storia in cui sono immersi i loro passi mattutini o le loro danze notturne.

Il Brankov most fu il primo ponte stradale sul fiume Sava; il primo ponte senza sostegni intermedi; il primo ponte attraversato da un tram. Fu inaugurato il 16 dicembre 1934. Quell’autunno, il re Aleksandar I Karađorđević fu assassinato a Marsiglia. In origine il ponte doveva essere intitolato a suo nome – il ponte di re Aleksandar. La spettacolare cerimonia d’inaugurazione coinvolse settecento cavalieri del corpo reale, che attraversarono il ponte. Esso tuttavia ebbe vita breve. Al fine di prevenire una possibile invasione da parte dei tedeschi, fu minato dall’esercito reale, per poi essere completamente distrutto dalle forze alleate durante il bombardamento su Belgrado del 1944. Solo i pilastri di pietra sopravvissero, e vennero utilizzati al termine della guerra per innalzare il “Ponte della fratellanza e dell’unità”, più comunemente conosciuto come Brankov Most. A causa del repentino sviluppo industriale e urbanistico della città, durante gli anni settanta la sua larghezza fu raddoppiata.

Savamala è raggiungibile da varie direzioni, ma l’approdo consigliato è dal Brankov Most, da cui si può abbracciare con lo sguardo l’intero quartiere. Sulla sinistra il guardiano della città – l’immenso murales “La Santa del Belgrado”, ad opera di Guillaume Alby Remed – avvolge i passanti. Sulla destra, la “casa spagnola” e le lanterne rosse del centro culturale “Grad” (città). La “casa spagnola” fu costruita attorno al 1880. A quel tempo, era uno dei più bei palazzi di Savamala. Fu utilizzata dal porto di Belgrado, poi come dogana, quindi come deposito. In seguito passò in mano alla compagnia navale serba, e per alcuni anni ospitò il museo della navigazione fluviale. Durante gli ultimi cinquant’anni, ha avuto cinque diversi gestori, poichè i lavori di restauro si fermavano continuamente a causa della mancanza di fondi. Oggi il palazzo, privo di tetto e finestre, è la sede principale del progetto “Urban Incubator”, il cui obiettivo è la rinascita di Savamala. In futuro si vuole costruire un padiglione d’arte dalla struttura in vetro, che ospiterà le iniziative del Goethe Institute.

Alla destra della vecchia dogana, un tempo c’era il magazzino. Costruito nel 1884, dal 2009 è la sede del centro culturale “Grad”, un’iniziativa promossa dal “Fronte culturale di Belgrado” e dalla fondazione Felix Meritis di Amsterdam. L’ambiente rustico e autentico, gli astrusi interventi del gruppo di artisti creativi “Remake”, l’intimo giardino e le serate gastronomiche del lunedì sono solo alcune delle ragioni alla base della venerazione che gli artisti locali nutrono per questo posto.

La via Karađorđeva

La via principale di Savamala. Chiassosa e polverosa. Un’arteria del traffico in arrivo dal ponte di Pančevo. Accanto ad essa, da un lato scorre il fiume Sava con i suoi pescatori seduti sull’argine, dall’altro ristorantini da cui è possibile ammirare la confluenza con il Danubio, la Dream Factory, Mikser House, i misteriosi passaggi sotterranei e le decadenti, romantiche facciate.


Passaggi sotterranei

Sotto la via Karađorđeva si trova un sistema di passaggi 
sotterranei non ancora abbastanza esplorati. Lo scavo di 
circa tredici tunnel fu iniziato dagli austriaci nel diciottesimo secolo e portato a termine il secolo successivo. Queste grotte artificiali erano usate come magazzini e refrigeratori: data la 
prossimità con il porto e il corso d’acqua, questi tunnel che bucavano la collina posta lungo la Sava erano ideali per conservare le merci, poichè la temperatura rimanSeva bassa e stabile tutto l’anno. Le piccole torri che spuntano da Kosančićev Venac non sono, come 
molti belgradesi pensano, nè i restali della fortezza sotterranea, nè le feritoie delle fortificazioni. Sono invece aperture di sfogo per far entrare l’aria e portarla sino a circa venti metri di profondità 
lungo i tunnel, in modo da combattere l’umidità e prevenire la  formazione di muffa.

 

La via fu intitolata a Karađorđe, leader della prima rivolta serba, che avanzò lungo questa via diretto alla fortezza di Belgrado per liberarla dal giogo ottomano. Nel 1833, la Serbia ottenne l’autonomia e il governo fu stabilito a Belgrado. Il principe Miloš Obrenović decise di edificare una città moderna sulla riva della Sava, prendendo a modello alter città fluviali europee come Vienna o Budapest. Le vecchie abitazioni fatiscenti furono abbattute e i loro inquilini trasferiti a Palilula. Savamala iniziò ad attrarre mercanti e artigiani, diventando nel giro di poco tempo il cuore pulsante della vita commerciale, nonchè il quartiere residenziale dell’elitès cittadina. Le costruzioni che emergono dalle fondamenta delle case in rovina conservano ancor oggi un grande lascito storico e culturale. La più importante è sicuramente la vecchia sede della Cooperativa di Belgrado. Questo monumentale palazzo d’angolo fu costruito da Luka Ćelović seguendo i piani degli architetti Andra Stevanović e Nikola Nestorović. Per edificarlo furono utilizzate le tecniche più all’avanguardia come l’innesto di cemento armato, mentre le facciate erano di finta pietra.

Al termine della seconda guerra mondiale, cambio molte proprietà e destinazioni d’uso. Per un lungo periodo fu sede dell’Istituto serbo di Geologia, una volta dichiarato il più bel palazzo di Belgrado. Molti belgradesi probabilmente sarebbero d’accordo con questa affermazione, sebbene il palazzo ha perso da tempo il suo fascino. Nei decenni passati è stato danneggiato a più riprese dagli esseri umani, essendo stato utilizzato come sede di feste, celebrazioni per il capodanno, festival o come set per produzioni cinematografiche.

Accanto ad alcune perle dell’architettura belgradese di inizio novecento – l’istituto di Geologia, l’Hotel Bristol e la “Casa di Vučo” – nella piazza che un tempo ospitava il piccolo mercato, recentemente è nato Mikser House. Questo edificio è stato concepito come un fulcro della scena creativa cittadina, ritrovo di designer, musicisti e sognatori di una più bella e attraente Belgrado. Ospita al suo interno uno spazio espositivo e di vendita che raccoglie i lavori di sessanta designer provenienti da tutti i Balcani, spaziando dall’alta sartoria ai mobili, il vino o la gastronomia di qualità. Vi è inoltre un ristorante dove poter assaporare i piatti tradizionali provenienti dalla regione, un bar, un palco per eventi musicali e teatrali, uno spazio di co-working, un angolo destinato ai bimbi.

La via Gavrilo Princip

La seconda via più importante dopo Karađorđeva è la via Gavrilo Princip. Fu chiamata inizialmente Savamalska, poi Bosanska, ed oggi è intitolata a Gavrilo Princip, che qui visse in un piccolo monolocale mentre era impiegato come acciottolatore sulla via Karađorđeva. Gavrilo Princip cambiò numerose abitazioni in questo quartiere. Quando giunse a Belgrado nella primavera del 1912, si stabilì al numero 12 di via Carica Milica. Dopo poco si spostò al 47 di via Lomina, per stabilirsi infine in via Bosanska.

La via Gavrilo Princip fu il principale isolato commerciale di questa parte di Savamala. L’unico negozio sopravvissuto a quei tempi è il caramellaio “Bosiljčić”. Sin dal 1936, anno dell’apertura, segue le stesse ricette e metodi di produzione, rigorosamente a mano. La lenta scomparsa delle botteghe è dovuta allo sviluppo dell’indutria manifatturiera, alla crisi e impoverimento della popolazione cittadina negli ultimi vent’anni, ma anche al fatto che non c’è più stata una trasmissione di saperi verso le nuove generazioni di artigiani, i cui figli e nipoti hanno dimostrato scarso interesse per questo tipo di impieghi.


La “Casa di Manak”. Foto © Dragana Barjaktarević

Accanto alle numerose botteghe e laboratori, la via era famosa anche per le sue taverne. L’unica rimasta è la “Casa di Manak”, sebbene abbia cambiato destinazione d’uso. La “Casa di Manak” è uno dei pochi esempi rimasti a Belgrado di architettura balcanica orientale. Oltre a questo edificio, nel centro si possono trovare solo pochi altri esempi di questo stile architettonico: la residenza della principessa Ljubica e il Museo di Vuk e Dositelj. La “Casa di Manak” fu costruita attorno al 1830 e intitolata a Manak Mihailović, un mercante e immigrato macedone. E’ situata lungo una strada che in passato collegava la porta di Varoš con il quartiere di Savamala. Le linee irregolari della struttura ricalcano lo spazio di terra dove fu costruita originariamente. Il piano terra ospitava una taverna e una panetteria, e in seguito l’ufficio postale e un negozio, mentre al piano superiore viveva il proprietario. Oggi è sede di una sezione del Museo Etnografico cittadino con una ricca collezione di Hristifor Crnilović composta da circa 2600 oggetti di grande valore culturale, principalmente abiti e gioielleria. Al piano inferiore si trovano dei centri di ricerca sulle tradizioni artigianali della regione.

Tutto questo è solo una piccola parte di ciò che Savamala può svelare dietro le sue recinzioni e finestre. Con un piccolo balzo ci si può immergere in una città “altra” e pressochè dimenticata, tessendo così nuove narrazioni attorno al versante belgradese che scende sino al fiume Sava. Poichè l’unico modo per farla resuscitare è trovare nuove parole per raccontarla.

 

 

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