Così, siamo in soggezione quando il poliziotto italiano sul traghetto Ancona – Durazzo, allo sbarco, ci saluta allertandoci: “Ragazzi qui non scherzano: occhi aperti avanti e dietro giorno e notte!”.
Al porto di Durazzo, superiamo i container ad uso ufficio dei doganieri e ci affrettiamo sulla superstrada per raggiungere Tirana. Vorremmo esorcizzare i nostri timori facendo una veloce pedalata ma appena saliti in sella, incrociamo dapprima i teutonici e poco rassicuranti reparti speciali dei carabinieri, poi notiamo la manovra di un automobilista che imbocca contromano l’uscita della superstrada ed è costretto ad indietreggiare per il sopraggiungere di un pullman.
Rileggiamo quella che è l’unica guida turistica della zona in commercio: si sconsiglia vivamente di pedalare nella zona per la scarsa esperienza degli autisti (nonché per le pesanti emissioni dei mezzi e per il manto stradale poco curato). Insomma, l’avvio non è propriamente sereno.
Tutto ciò non farà che aumentare la nostra sorpresa nel scoprire i lati positivi di un Paese ospitale e di una natura meravigliosa.
Nell’affascinante Tirana, edifici maestosi nella splendida piazza Skanderbeg. Il luogo più visitato dai locali cittadini, è però il Consolato italiano da cui si spera in un lasciapassare per l’Italia. Nella capitale, palazzi colorati e urbanizzazione selvaggia con cantieri ovunque. Non cogliamo la presenza di un cinema, di una palestra, di una piscina, di uno studio medico. I cambiavalute sono indaffarati sui marciapiedi con alte pliche di banconote fra le mani; marciapiedi in cui i manovali si offrono in attesa di una chiamata. Attira la nostra attenzione un rivenditore di divani. I sofà sono esposti sul marciapiedi ed sono usati dai suoi venditori per comode pennichelle
Visitiamo Kruje, patria dell’eroe nazionale Skanderbeg. Qui, esplorando il museo storico ed etnografico, ripercorriamo le vicende tortuose di una terra conquistata e attaccata nel corso del tempo da ogni punto cardinale.
Nel corso del nostro tour raggiungiamo la città di Elbasan, che con le sue decine di fabbriche estrattive arrugginite (80% di disoccupati), pare il Far West abbandonato dopo la febbre dell’oro.
Siamo ospitati da una ONG che tenta di imbastire cooperative di agricoltori e di piccoli produttori per dare forza e sbocco sul mercato ai rispettivi prodotti, scontrandosi però con la difficoltà di inserire concetti di cooperativismo in una cultura che ha vissuto sessant’anni di nefasto comunismo e collettivismo forzato.
Un dentista opera nel negozio al piano terra dietro una vetrata che non nasconde nulla a chi passeggia sul marciapiedi; un “imprenditore”, ponendo sul marciapiedi la bianca bilancia da casa, propone ai passanti di verificare il proprio peso per pochi centesimi.
Pedaliamo verso sud, sotto un sole cocente e su strade sterrate, ancora sorpresi da splendidi panorami, cavalli bianchi allo stato brado, bunker nascosti tra i vigneti, contadini che coltivano a mani nude (l’unico trattore visto è decisamente usurato e fuori uso).
Molti i bambini sul nostro percorso. Per loro scuole spesso fatiscenti, vetri rotti alle finestre, lunghe ricreazioni rincorrendo un pallone; mai però nei campi da calcio perché i pochi che esistono, sono destinati a galline o mucche al pascolo.
Molte le case in costruzione su cui sventola la bandiera nazionale e su cui sono poggiati, ai piloni dei piani superiori, orsacchiotti scaccia malocchio (terminata la costruzione, i peluche saranno riposti all’interno).
Giungiamo a Berat, la città dalle 1000 finestre, con l’incantevole borgo vecchio di pietra e il castello sulla collina. Come in ogni località, una moschea e una chiesa di fronte all’altra. Qui poste sulle due sponde opposte del fiume che divide le due comunità, quella cristiana e quella musulmana.
La par-condicio si riflette anche nella presenza di un Bar Milan e, poco distante, di un Inter Club.
Qui lusso di Camera con TV. Sul secondo canale nazionale, il programma dei pacchi come quello che imperversa sulla nostra RAI. La differenza risiede nel montepremi. Se da noi 25mila euro sono quasi una consolazione, qui rappresentano il primo premio.
Proseguiamo per Valona. Sul percorso olivi, ciliegi, tartarughe e ancora pianure, colline, valichi. Osserviamo vette montuose da dove sembra di scorgere la neve, ma siamo vicini alla costa e alla calda stagione. Forse quel bianco è il riflesso di una parete di roccia. “Eshte bore?” chiediamo. L’interlocutore sembra voler rispondere di sì ma nel mentre scuote la testa. Seguono cinque minuti esilaranti che si concludono quando realizziamo che qui, come altrove nei Balcani, per indicare il si e il no il movimento della testa segue logiche diametralmente opposte alle nostre. Incomprensioni per queste diverse convenzioni si ripeteranno anche in un ristorante dove, dopo una faticosa pedalata, alle proposte indecifrabili di un cameriere, noi, affamati e affaticati continuiamo ad accogliere qualsiasi offerta annuendo con la testa, inconsapevoli della disperazione del povero ristoratore che invece che servirci pietanze continua a cercare alternative di fronte a nostri no
Ci dirigiamo vero il mare. La costa è lunga e bassa ma non c’è quasi traccia del porto. Qualche barca a remi dei pescatori ma nessun attracco.
Chiediamo una birra, ma commettiamo l’errore di ordinare la Tirana Beer. Il cameriere non nasconde il disappunto: ogni città ha il proprio stabilimento di birra di cui ne vanta con orgoglio (legittimo) le qualità Mi rifarò una dignità ai suoi occhi, chiedendo il bis con una taglia grande.
Dovrò poi fare qualche sforzo in più per porre attenzione al manto stradale, in ottime condizioni per verità ma qualcuno che necessitava di ghisa ha lasciato pericolose buche dove c’erano tombini
Con le nostre mountain bike percorriamo il saliscendi verso Porto Palermo, ammirando le splendide insenature e le verdi colline. Continuano così sorprendenti incontri di paesaggi e genti.
All’ora del ritorno, condividiamo l’opinione di chi ha definito l’Albania l’ultimo segreto d’Europa, così come quella di chi ce ne ha parlato come la Nazione più latinoamericana d’Europa: già, cosa ci fa un popolo così ospitale e gentile nella nevrotica e frenetica Europa?
Passiamo sette controlli sette del passaporto prima di imbarcarci sulla Snav. La partenza, avverrà col ritardo, abituale, di un paio di ore.
Al rientro la banca convoca d’urgenza, è già pronta la denuncia da sottoscrivere e il rimborso assicurativo che copre il rischio: osservando prelievi e operazioni in Albania, hanno tratto le conclusioni che qualche bandito ha clonato la tessera bancomat. Quasi quasi sto al gioco così finisce che mi sono fatto pure le ferie gratis. “No, tranquillo – dico – sono io che ci ho solo passato le vacanze”. “Le vacanze?”, “Sì. Bel posto, te lo consiglio”. Non dimenticherò mai l’espressione dell’impiegato. Lasciamolo a mollo nei villaggi turistici
Noi invece ci siamo innamorati davvero di questo pezzo di terra, tanto da tornarci per percorrere i confini della ‚Grande Albania’, con un tour da Skopje a Bar e successivamente da Pristina a Dubrovnik.
E ogni volta sorprese paesaggistiche e incontri calorosi tanto da poter ancor dire: mirupafshin squipetare!
http://www.osservatoriobalcani.org/article/articleview/10870/1/17/

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