Tra le più antiche città d’Europa, Niš è una ricca fonte di eredità e tesori storici, alcuni dei quali databili addirittura al periodo neolitico. Situata lungo la Via Militaris, una delle antiche via romane che in passato collegava Oriente ed Occidente, ha mantenuto nei secoli la sua plurisecolare tradizione “meticcia”, ben rappresentata dalla fortezza che domina la città, forgiata nel corso del tempo dai Romani, Bizantini, Bulgari e Serbi sino all’attuale configurazione ultimata dai Turchi nel 1723. Passeggiando per il centro ci si può imbattere nel vecchio hammam, costruito nel 1498 a seguito di una donazione del bey Mehmet: l’acqua, proveniente dal fiume Nišava mediante un argano di legno, giungeva poi attraverso un sistema di condutture d’argilla nel bagno, dove veniva filtrata e riscaldata.

La sede di implementazione del progetto è però fuori dai confini cittadini, lungo il canyon del fiume Nišava. Nel piccolo villaggio di Sićevo si è infatti deciso di intraprendere un percorso di ricerca-azione volto all’apertura di un etnovillaggio, che ricalcherà forme e struttura degli antichi insediamenti abitativi del passato. Ne abbiamo parlato con Suzana Jovanović, funzionaria comunale di Niš nonché referente del progetto.

Quali sono i soggetti attuatori del progetto?

Il progetto è implementato dall’amministrazione comunale in collaborazione con l’organizzazione turistica cittadina, l’istituto per la protezione dei monumenti culturali della regione e le facoltà di Architettura e Ingegneria di Niš.

Niš (flickr © AnotnioR).

Tra le numerose attrazioni naturalistiche presenti nella regione si trova la gola di Sićevo all’interno del canyon del fiume Nišava, situato sulla strada per Sofia alla fine dei pendii del Monte Svrljiske. Sićevo è stata scelta come sede di implementazione del progetto. Potrebbe descriverci questa zona? Perché la scelta è ricaduta su questo luogo?

La gola di Sićevo rappresenta forse la parte più affascinante del canyon. Situata a circa quattordici chilometri da Niš, è lunga diciassette chilometri e si divide in due parti: la gola superiore ed inferiore. Al suo interno sono presenti anche due centrali idroelettriche, cosruite agli inizi del ventesimo secolo. Nel villaggio si trova il monastero di Santa Madre di Dio, costruito nel 1644 e ristrutturato poi nel 1875 a seguito della sua distruzione per mano turca. Sićevo domina la gola dall’alto, schiudendo ai visitatori scorci mozzafiato. Data la straordinaria biodiversità presente in questo territorio, con centiania di specie rare di fiori e piante (da menzionare la salvia, pianta tipicamente mediterranea che in Serbia è possibile trovare solo qui) nel 2000 le autorità serbe hanno proclamato la gola riserva naturale. Non solo bellezze naturalistiche però: questa zona è anche famosa per il buon vino, e durante l’estate si tiene una delle più antiche colonie artistiche dei balcani, fondata dal pittore Nadežd Petrović. Le ragioni che ci hanno spinto a scegliere questa zona come sede di implementazione del progetto sono anche la presenza di una comunità locale forte ed autorganizzata: tra le poche a non aver conosciuto una massiccia emigrazione verso le città negli anni sessanta e settanta, con una percentuale di giovani istruiti sopra la media e un’amministrazione pubblica con un alto senso civico, Sićevo si presenta come il luogo ideale per fare da modello e apripista a forme di turismo sostenibile. Nei suoi dintorni è già sviluppato il paracadutismo, il rafing, percorsi di mountain bike e pareti di arrampicata, da anni sede di gare a livello europeo ed internazionale. Infine, gli edifici della colonia artistica sono già attrezzati per l’organizzazione di eventi culturali e festival, ad oggi più di venti iniziative culturali si tengono ogni anno nel villaggio.

Non mancano neppure antiche leggende che avvolgono il nome stesso della città, la cui radice etimologica è ancor oggi poco chiara…

L’origine del nome è ancor oggi incerta. Secondo un antico mito celtico la città era in passato conosciuta come Vilin Grad: letteralmente la “città della fata”, in riferimento alle fate del fiume che secondo le credenze dell’epoca durante la notte ricostruivano la città dopo ogni sua distruzione ad opera di eserciti invasori. La parola Niš (nella sua antica radice Naisus) appare per la prima volta nel secondo secolo D.C. all’interno del libro “Geografia”, scritto dallo studioso Klaudije Ptolomej, che la descrive come la più grande città della Dardania (Antica regione dei Balcani, sotto il regno di Domiziano la Dardania era una delle due parti in cui si divideva la provincia della Mesia superiore. Con Diocleziano la Dardania venne staccata dalla Mesia e retta da un preside, sotto il prefetto dell’Illirico. Fra le città antiche della Dardania alcune, come Naisso – Niš – e Scupi – Skopje –, sono tuttora tra i centri più importanti della regione, ndr).

La Ćele Kula di Niš (flickr © Vladimir-911).

L’attività principale del progetto sarà un lavoro di ricerca e documentazione ai fini della costruzione di un etnovillaggio a Sićevo. L’istituto nazionale per la protezione dei monumenti si occuperà dell’intero processo di documentazione per la costruzione di undici strutture residenziali sulla base dei vecchi modelli abitativi. Ci può spiegare nel dettaglio di cosa si tratta?

L’istituto per la protezione dei monumenti culturali di Niš, dall’anno della sua fondazione nel 1961 ha individuato una serie di strutture abitative legate al patrimonio architettonico e culturale di questa parte della Serbia. Nel corso degli anni, molte di queste abitazioni non hanno retto la prova del tempo e sono andate completamente distrutte, mentre per altre qualsiasi progetto di ristrutturazione appare impossibile. Mossi dall’esigenza di mantenere viva la memoria di questi luoghi e delle strutture abitative ad essi legate, specie per le generazioni future, si è così deciso di concentrare il progetto sulla costruzione delle antiche case di campagna tipiche di questa regione. L’istituto per la protezione dei monumenti culturali, la cui sede si trova proprio nell’unica struttura che ha mantenuto le antiche caratteristiche architettoniche del passato, costruirà nel corso del progetto undici abitazioni sulla base dei vecchi modelli che andranno a comporre l’etnovillaggio.

Il disegno urbanistico dell’etno-villaggio sarà fatto da 10 studenti dell’ultimo anno della facoltà di architettura, cinque di Niš e cinque di Trento. Come sta procedendo questa collaborazione accademica?

Purtroppo l’Università di Trento ancora non è entrata attivamente nella fase di implementazione. Comunque l’anno scorso gli studenti di Niš, all’interno del corso di architettura popolare, in collaborazione con l’Istituto per la protezione dei monumenti culturali hanno preparato una pianta delle strutture abitative, hanno fatto uno studio di fattibilità e infine una vera e propria proposta di costruzione. Dal 31 maggio al 3 giugno 2011, presso la galleria d’arte cittadina “L’angolo europeo” è stata organizzata una mostra in cui sono stati esposti i lavori dei ragazzi.

Accanto all’etnovillaggio, un’altra importante attività sarà legata alla sensibilizzazione sul tema dell’ecoturismo. Qual è la situazione oggi in Serbia riguardo a queste tematiche? Sono argomenti diffusi/di cui c’è consapevolezza critica?

Sino a pochi anni fa in tutta la Serbia forme “eco” o “etno” di turismo non erano percepiti come una possibile attrattiva, qualcosa di potenzialmente interessante oltre che economicamente redditizio. Per fortuna la situazione è cambiata negli ultimi anni, specialmente in Serbia centrale e in Vojvodina. Etnovillaggi sono sorti un po’ ovunque, e anche nella zona di Niš è cresciuto l’interesse verso queste forme di accoglienza e di valorizzazione dei territori. La crisi economica, generando disoccupazione e riduzione dei redditi, ha però dato un ulteriore stimolo alle famiglie che vivono nelle aree rurali verso una riconversione delle loro case in chiave turistica: ciò porterebbe entrate economiche e darebbe lavoro ai membri della famiglia senza occupazione, specialmente le donne.

Sićevo (flickr © Speedking47).

Voi nello specifico come avete pensato di sensibilizzare la comunità locale su questi temi?

Il senso di ospitalità è connaturato allo spirito di questa gente, eppure non è mai stato pensato come una fonte di sostentamento economico. Bisogna inoltre considerare che le strutture abitative delle zone rurali erano pensate in passato per ospitare sino a tre generazioni nello stesso spazio, e dunque oggi superano largamente le esigenze di un unico nucleo familiare. Oltre a ciò, il cibo prodotto è assolutamente biologico e sano.

Per questo abbiamo iniziato un percorso di accompagnamento all’interno di queste comunità rurali affinché traducano tali potenzialità in fonti di reddito, diventando sedi di un turismo sostenibile e intelligente. Il percorso è iniziato mostrando loro le buone pratiche provenienti dalle zone rurali del Nord Italia, affinché si diffondesse la consapevolezza che un altro modello di sviluppo e di rinascita è non solo possibile, ma anche remunerativo. Visto il diffuso interesse da parte degli abitanti, il progetto sta andando avanti con ulteriori momenti di formazione su tematiche differenti, dall’accoglienza dei turisti alla promozione territoriale.

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